"La cultura etiopica - ha affermato il Cardinale Giovanni Cheli - e' ricca anche nel campo dell'arte, specialmente dell'arte cristiana e sono sicuro che coloro che andranno a visitare questa mostra ne saranno molto soddisfatti". "Il messaggio della mostra - ha aggiunto Mons. Silvano Tomasi - e' che dall'Africa non vengono soltanto la fame, i conflitti e le guerre etniche ma c'e' anche un'antichissima e bellissima tradizione di un esempio di un Cristianesimo totalmente incarnato nell'Africa, totalmente africano e totalmente cristiano".
"Quindi - ha spiegato Mons.Tomasi - la bellezza che viene espressa attraverso le icone, i manoscritti illuminati e le croci, che sono un po' il simbolo di ciascuna delle provincie dell'Etiopia che ha voluto sviluppare la sua identita' attraverso un modello di croce particolare, sono una testimonianza che ha valore oggi e continua a parlare al mondo di oggi. Un mondo pero' - ha sottolineato - sconosciuto, di cui si parla poco e di cui si conosce molto poco".
"La mostra - secondo Mons. Tomasi - dovrebbe essere un po' uno stimolo a entrare in questa fetta del mondo cristiano per conoscere la forma di arte ed espressione che e' unica, e da qui cercare di capire anche l'Africa di oggi". La mostra si snoda su un filo narrativo e le sagome che dal ponte di Ca' Foscari accompagnano il visitatore sin dentro l'area espositiva sottolineano il ruolo dei personaggi all'interno del percorso. Gia' dal piano terreno, le suggestioni della civilta' artistica etiopica sono rappresentate da una serie di fotografie, filmati e musiche.
Inoltre, le acqueforti di Lino Bianchi Barriviera sulle chiese rupestri fatte erigere dal re Lalibala (XII-XIII secolo), da cui prende nome la citta' santa costruita sulle montagne del Lasta. Scorci e decorazioni di questi edifici sono proiettati sulle pareti delle sale adiacenti al salone d'ingresso. Nella sala di collegamento al piano superiore, una processione circonda vetrine con croci astili e invita lo spettatore a salire al secondo salone dove lo attende il Mappamondo di Fra Mauro, capolavoro cartografico della Biblioteca Marciana.
Questo secondo salone e' tutto giocato sul simbolo del libro: codici miniati e rotoli magici, giustapposti alle prime testimonianze dei viaggiatori europei in Etiopia. Quattro sale contigue allineano diverse decine di preziose icone, per la piu' parte inedite, dal XV al XIX secolo, mentre una si incentra sulla figura di Nikolaus Brancaleon, il pittore veneziano inviato dal doge in Etiopia alla fine del '400, mostrando un'opera attribuita alla sua bottega e i libri di modelli che scaturiscono dal suo arrivo in terra d'Africa.
"Nigra sum sed formosa" e' la prima rilevante mostra sull'arte religiosa etiopica che si tiene nel nostro Paese ma si caratterizza anche per il fatto che, accanto alle opere originali, appaiono materiali tipici di un ambito multimediale. Infatti, sono presenti anche immagini fotografiche ad alta definizione proiettate su tutta la parete, video di archivio ed altri realizzati per la circostanza, spezzoni di filmati e di documentari, registrazioni musicali.
La mostra ha proprio un'apposita ed articolata colonna sonora, che varia di sezione in sezione, ma sono previste anche guide multimediali orginali, come le spiegazioni, riprese nelle settimane precedenti, di Stanislaw Chojnacki, patriarca degli studi moderni sull'arte etiopica, trasmesse in loop in alcuni punti salienti del percorso espositivo, su schermi ad altezza naturale e ad alta definizione, quasi mettendo a disposizione dei visitatori una guida-ologramma. L'uso della multimedialita' consente cosi' di ricostruire un contesto piu' credibile alla singola opera garantendo una piu' adeguata conoscenza dell'arte etiope, specie per quanto riguarda manufatti non trasportabili.
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