La Carta ONU sui Diritti dei Lavoratori Migranti è "il campo di battaglia dove far prevalere i diritti umani e la centralità della persona umana, oppure le regole del mercato". Lo ha detto l'Arcivescovo Silvano Tomasi, inviato del Papa presso la sede ONU di Ginevra, intervenuto al Meeting Internazionale sulle Migrazioni (MIM) in corso a Loreto. I 26 firmatari del documento, entrato in vigore nel luglio dello scorso anno dopo ben trenta anni di attesa, sono in gran parte Paesi di origine dei flussi, pertanto gli individui che possono godere della tutela garantita dalla Carta sono solo il 3% dei migranti del mondo.
Nella tavola rotonda che ha affrontato la tematica del rapporto tra istituzioni internazionali e diritti dei migranti, monsignor Tomasi ha svolto una relazione sulla storia, l'evoluzione e le prospettive della Carta ONU sui Diritti dei Lavoratori Migranti. "Recenti proiezioni demografiche - ha esordito il presule - prevedono che, nei prossimi venti anni, il movimento migratorio globale coinvolgerà 230 milioni di persone. In tale prospettiva, appare urgente una riflessione sul fatto che i maggiori paesi di destinazione dei migranti non figurano tra i firmatari della Convenzione: né gli stati di tradizionale immigrazione (Canada, Stati Uniti, Australia), né alcuno dei Paesi membri dell'Unione Europea".
"In questo contesto - sottolinea Tomasi - è cruciale che tutti gli Stati comprendano che la Convenzione non è uno strumento per politiche immigratorie più liberali o per l'introduzione di diritti straordinari per i migranti, ma per l'estensione dei diritti umani già ampiamente accettati. Il nocciolo della questione oggi è come far accettare la Convenzione da un maggior numero di Stati per renderla più credibile e più efficace". Occorre soprattutto superare limiti evidenti come la mancata menzione del diritto al ricongiungimento familiare, e promuovere la collaborazione e la consultazione nella gestione dei flussi migratori, che pure è lasciata alla sovranità di ciascuno Stato. "L'aspetto nuovo e importante della Convenzione - conclude Tomasi - è l'intrinseca convinzione che il ricorso all'impiego di migranti irregolari sarà scoraggiato se i diritti umani di tutti i migranti verranno meglio riconosciuti".
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