HUMAN RIGHTS COUNCIL
12th Session – Item 3: Promotion and protection of all human rights, civil, political, economic social and cultural rights, including the right to development – Sub-item (c): Right to Development-
Statement by H.E. Archbishop Silvano M. Tomasi,
Permanent Representative of the Holy See to the United Nations Office
and other International Organizations in Geneva
September 22, 2009
Mr. President,
1. The current financial crisis is showing the degree of global interdependence of national economies. It risks also to jeopardize the efforts of the international community to meet the Millennium and other development goals in many countries. Moreover, it could bring about a reduction of the public and private funding of national social safety nets and undermine thereby the enjoyment of human rights not only by the poorest and weakest segments of the population, but also by other groups negatively affected by the crisis. A key factor to mitigate the adverse effects of the crisis, we believe, is placing the human person at the center of economic and social policies at the international and national levels.
2. The Holy See Delegation views the current debate on the right to development within this Council and its mechanisms as an opportune occasion to strengthen the international commitment on the operationalization of this right and to transform this political willingness into concrete action. Achieving development is not only a matter of eliminating material poverty, but also of principles and values guiding economies and societies in all countries irrespective of their per-capita income level. Furthermore, risks of a deterioration of the economic and social situation are present in most countries, including in high-income countries, due to the rising number of the population suffering new forms of poverty, social exclusion and marginalization. Needless to say, these economic and social inter-country inequalities risk to be significantly increased by the financial crisis. For these reasons, my Delegation notes with interest the work that is being accomplished by the Task Force aiming at creating a list of right-to-development criteria and operational sub-criteria around three main components: human-centred development, an enabling environment, and social justice and equity. We believe that a global agreement on these criteria could constitute a fundamental step not only towards the operationalization of the 1986 Declaration, but also in the direction of the systematic consideration of the human person and its inherent rights and dignity in the elaboration of development policies at all levels.
3. In the context of the development process, the human person is not only a receiver of aid but also the real actor of his or her integral development and of the relations among peoples and persons. As restated in the recent encyclical Caritas in Veritate: “Man is the source, the focus and the aim of all economic and social life” (25). We support the Task Force ‘s approach of a comprehensive human-centred development that implies the indivisibility and interdependence of all human rights as well as the relevance, not only of development outcomes, but also of the development realization process and of its sustainability. My delegation believes also that the cultural component of the right to development defined in the 1986 Declaration cannot be complete without including the ethical and spiritual dimensions of the person. These qualitative dimensions should be reflected among the human-centred criteria of this right that are being elaborated by the Task Force.
4. The Task Force view of the duty of States to create, individually and collectively, an enabling environment for the realization of the right to development should be endorsed. States therefore are called to remove obstacles to development due to the violation of human rights and the international community to support the development process, especially in the poorest countries. In this context the principle of subsidiarity is particularly relevant. Solidarity and subsidiarity can be viewed as complementary. While the former relates to the mobilization of financial and human resources for development, the latter helps to identify the most appropriate level of decision-making and intervention. The principle of subsidiarity can therefore be seen as a cross-cutting criterion for the creation of the enabling environment to the right to development. It allows the participation of the beneficiaries of aid in the process of development through the responsible use of their freedom and talents.
5. Finally, we support the adoption of criteria of social justice and equity that imply moral imperatives prompting action for the protection of human rights and for an equitable sharing of benefits from development, including, among others, access to food, housing education, health and employment. We follow with interest as well the overall work of the Task Force and Working Group aiming at identifying operational right-to-development criteria and dialoguing with existing poverty reduction, debt transfer, technology transfer and other global partnerships. We believe that such work is laying the ground work for States and the international community to concretely reduce economic and social disparities, too often a cause of violations of human dignity and human rights.
Stemma Episcopale
mercoledì 23 settembre 2009
sabato 19 settembre 2009
INTERVENTO DELLA SANTA SEDE IN OCCASIONE DELLO SVOLGIMENTO DEL SEGMENTO AD ALTO LIVELLO-2009 DEL CONSIGLIO ECONOMICO E SOCIALE DELL'ONU (ECOSOC).
INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
ED ISTITUZIONI SPECIALIZZATE
Ginevra
Giovedì, 9 luglio 2009
1. La comunità internazionale si sta impegnando per trovare soluzioni alla crisi economica generata dall'avidità e dalla mancanza di responsabilità etica. Mentre gli analisti discutono sulle cause della crisi, le conseguenze sociali della nuova povertà, della perdita di posti di lavoro, della malnutrizione e dello sviluppo soffocato colpiscono i gruppi di persone più vulnerabili e quindi esigono risposte efficaci e immediate. La Delegazione della Santa Sede apprezza il fatto che l'attenzione di questo Segmento ad Alto Livello sia incentrata, in modo molto tempestivo, sulle "Tendenze globali e nazionali attuali e il loro impatto sullo sviluppo sociale, inclusa la salute pubblica". La crisi economica globale prosegue inesorabile. È esacerbata dall'emergere di un virus influenzale finora sconosciuto, l'A-H1N1, al quale è già stata riconosciuta la dimensione di pandemia, con un impatto futuro difficile da prevedere con certezza, e dalla crisi globale della sicurezza alimentare che mette in pericolo la vita di milioni di persone, specialmente le più povere del mondo, molte delle quali già soffrono di malnutrizione acuta e cronica. Questi esempi dimostrano ancora una volta il nesso tra povertà e salute e il fardello sproporzionato che grava sui Paesi in via di sviluppo e perfino sui poveri nei Paesi sviluppati. Dinanzi a queste sfide globali urgenti, il futuro è ipotecato al punto che i giovani rischiano di ereditare un sistema economico gravemente compromesso, una società priva di coesione e un pianeta leso nella sua sostenibilità come casa per l'intera famiglia umana.
2. La Delegazione della Santa Sede prende atto con profonda preoccupazione delle previsioni della Banca Mondiale secondo cui nel 2009 altri 53-65 milioni di persone saranno colpite da povertà estrema e che le persone cronicamente affamate supereranno il miliardo, di cui 800 milioni vivono in aree rurali, dove la sanità pubblica è più debole e dove urgono iniziative di assistenza sanitaria innovative. Possiamo ragionevolmente concludere che un numero significativo di queste persone estremamente povere e affamate sia più esposto al rischio di contrarre malattie sia contagiose, sia croniche non contagiose. Inoltre, se devono affrontare dei tagli negli aiuti internazionali o se aumenta il numero delle persone che chiedono assistenza, i sistemi sanitari pubblici, già fragili nei Paesi in via di sviluppo, non saranno in grado di rispondere in maniera adeguata alle esigenze sanitarie dei loro cittadini più vulnerabili. Nel far fronte a questi problemi, vincere la tentazione di ridurre i servizi pubblici per un beneficio a breve termine dinanzi al costo umano a lungo termine, più che un'espressione di solidarietà, è una questione di giustizia. Similmente, l'aiuto allo sviluppo deve essere mantenuto e perfino aumentato come fattore fondamentale per rinnovare l'economia e farci superare la crisi.
Signora Presidente,
3. Un altro ostacolo fondamentale alla realizzazione degli obiettivi articolati a livello internazionale nell'ambito della salute pubblica sono le disuguaglianze esistenti tra Paesi e al loro interno, e tra gruppi razziali ed etnici. Dolorosamente in molte regioni le donne continuano a ricevere un'assistenza sanitaria di qualità inferiore. Questa situazione è ben nota alle persone e alle istituzioni che operano sul campo. La Chiesa cattolica sostiene 5.378 ospedali, 18.088 cliniche, 15.448 case per anziani e disabili e altri programmi di assistenza sanitaria in tutto il mondo, ma soprattutto nelle aree più isolate ed emarginate e tra le persone che raramente hanno accesso all'assistenza sanitaria fornita attraverso programmi sanitari governativi a livello nazionale, provinciale o distrettuale. A tale proposito, particolare attenzione è rivolta all'Africa, dove la Chiesa cattolica si è impegnata a continuare a stare accanto ai più poveri del continente per sostenere la dignità inerente a ogni persona.
4. Si riconosce sempre più che molti attori, nel rispetto del principio di sussidiarietà, contribuiscono all'attuazione del diritto umano all'assistenza sanitaria primaria. Tra le organizzazioni della società civile che assicurano l'assistenza sanitaria all'interno dei diversi sistemi nazionali, i programmi sostenuti dalla Chiesa cattolica e da altre organizzazioni confessionali risaltano quali partecipanti-chiave. I funzionari dell'OMS hanno riconosciuto che queste organizzazioni "forniscono una parte sostanziale dell'assistenza nei Paesi in via di sviluppo, spesso raggiungendo popolazioni vulnerabili che vivono in condizioni avverse" [1]. Tuttavia, nonostante i risultati eccellenti e documentati nel campo dei servizi offerti per l'HIV e dell'assistenza sanitaria di base, le organizzazioni confessionali non ricevono una parte equa delle risorse destinate al sostegno delle iniziative sanitarie globali, nazionali e locali.
5. La mera ricerca quantitativa dei flussi degli aiuti e il moltiplicarsi delle iniziative sanitarie globali da sole possono non bastare ad assicurare la "Salute per Tutti". L'accesso all'assistenza sanitaria primaria e ai medicinali salvavita a prezzi accettabili è fondamentale per migliorare la salute globale e promuovere una risposta globalizzata comune ai bisogni fondamentali di tutti. In un mondo sempre più interdipendente, anche le malattie e i virus non hanno confini, e quindi una maggiore cooperazione globale diventa non solo una necessità pratica ma, cosa ancora più importante, un imperativo etico di solidarietà. Tuttavia, dobbiamo essere guidati dalla migliore tradizione di assistenza sanitaria che rispetta e promuove il diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale per tutti, a prescindere dalla razza, dalla disabilità, dalla nazionalità, dalla religione, dal sesso e dallo status socio-economico. Se non si pone la promozione della vita al centro delle decisioni relative all'assistenza sanitaria, allora si avrà una società in cui il diritto assoluto dell'individuo all'assistenza sanitaria di base e alla vita viene limitato dalla capacità di pagare, dalla qualità di vita percepita e da altre decisioni soggettive che sacrificano la vita e la salute per vantaggi sociali, economici e politici a breve termine.
6. In conclusione, Signora Presidente, la Delegazione della Santa Sede desidera richiamare l'attenzione sulla necessità di soluzioni che vadano oltre l'aspetto finanziario, alle sfide poste dalla crisi economica agli sforzi globali volti ad assicurare l'accesso di tutti all'assistenza sanitaria. Nella sua nuova Enciclica Papa Benedetto XVI afferma: "L'attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. Questa va finalizzata al perseguimento del bene comune, di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica" [2]. Occorre un approccio etico allo sviluppo, che implichi un nuovo modello di sviluppo globale incentrato sulla persona umana piuttosto che sul profitto, e che tenga conto dei bisogni e delle aspirazioni dell'intera famiglia umana.
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
ED ISTITUZIONI SPECIALIZZATE
Ginevra
Giovedì, 9 luglio 2009
1. La comunità internazionale si sta impegnando per trovare soluzioni alla crisi economica generata dall'avidità e dalla mancanza di responsabilità etica. Mentre gli analisti discutono sulle cause della crisi, le conseguenze sociali della nuova povertà, della perdita di posti di lavoro, della malnutrizione e dello sviluppo soffocato colpiscono i gruppi di persone più vulnerabili e quindi esigono risposte efficaci e immediate. La Delegazione della Santa Sede apprezza il fatto che l'attenzione di questo Segmento ad Alto Livello sia incentrata, in modo molto tempestivo, sulle "Tendenze globali e nazionali attuali e il loro impatto sullo sviluppo sociale, inclusa la salute pubblica". La crisi economica globale prosegue inesorabile. È esacerbata dall'emergere di un virus influenzale finora sconosciuto, l'A-H1N1, al quale è già stata riconosciuta la dimensione di pandemia, con un impatto futuro difficile da prevedere con certezza, e dalla crisi globale della sicurezza alimentare che mette in pericolo la vita di milioni di persone, specialmente le più povere del mondo, molte delle quali già soffrono di malnutrizione acuta e cronica. Questi esempi dimostrano ancora una volta il nesso tra povertà e salute e il fardello sproporzionato che grava sui Paesi in via di sviluppo e perfino sui poveri nei Paesi sviluppati. Dinanzi a queste sfide globali urgenti, il futuro è ipotecato al punto che i giovani rischiano di ereditare un sistema economico gravemente compromesso, una società priva di coesione e un pianeta leso nella sua sostenibilità come casa per l'intera famiglia umana.
2. La Delegazione della Santa Sede prende atto con profonda preoccupazione delle previsioni della Banca Mondiale secondo cui nel 2009 altri 53-65 milioni di persone saranno colpite da povertà estrema e che le persone cronicamente affamate supereranno il miliardo, di cui 800 milioni vivono in aree rurali, dove la sanità pubblica è più debole e dove urgono iniziative di assistenza sanitaria innovative. Possiamo ragionevolmente concludere che un numero significativo di queste persone estremamente povere e affamate sia più esposto al rischio di contrarre malattie sia contagiose, sia croniche non contagiose. Inoltre, se devono affrontare dei tagli negli aiuti internazionali o se aumenta il numero delle persone che chiedono assistenza, i sistemi sanitari pubblici, già fragili nei Paesi in via di sviluppo, non saranno in grado di rispondere in maniera adeguata alle esigenze sanitarie dei loro cittadini più vulnerabili. Nel far fronte a questi problemi, vincere la tentazione di ridurre i servizi pubblici per un beneficio a breve termine dinanzi al costo umano a lungo termine, più che un'espressione di solidarietà, è una questione di giustizia. Similmente, l'aiuto allo sviluppo deve essere mantenuto e perfino aumentato come fattore fondamentale per rinnovare l'economia e farci superare la crisi.
Signora Presidente,
3. Un altro ostacolo fondamentale alla realizzazione degli obiettivi articolati a livello internazionale nell'ambito della salute pubblica sono le disuguaglianze esistenti tra Paesi e al loro interno, e tra gruppi razziali ed etnici. Dolorosamente in molte regioni le donne continuano a ricevere un'assistenza sanitaria di qualità inferiore. Questa situazione è ben nota alle persone e alle istituzioni che operano sul campo. La Chiesa cattolica sostiene 5.378 ospedali, 18.088 cliniche, 15.448 case per anziani e disabili e altri programmi di assistenza sanitaria in tutto il mondo, ma soprattutto nelle aree più isolate ed emarginate e tra le persone che raramente hanno accesso all'assistenza sanitaria fornita attraverso programmi sanitari governativi a livello nazionale, provinciale o distrettuale. A tale proposito, particolare attenzione è rivolta all'Africa, dove la Chiesa cattolica si è impegnata a continuare a stare accanto ai più poveri del continente per sostenere la dignità inerente a ogni persona.
4. Si riconosce sempre più che molti attori, nel rispetto del principio di sussidiarietà, contribuiscono all'attuazione del diritto umano all'assistenza sanitaria primaria. Tra le organizzazioni della società civile che assicurano l'assistenza sanitaria all'interno dei diversi sistemi nazionali, i programmi sostenuti dalla Chiesa cattolica e da altre organizzazioni confessionali risaltano quali partecipanti-chiave. I funzionari dell'OMS hanno riconosciuto che queste organizzazioni "forniscono una parte sostanziale dell'assistenza nei Paesi in via di sviluppo, spesso raggiungendo popolazioni vulnerabili che vivono in condizioni avverse" [1]. Tuttavia, nonostante i risultati eccellenti e documentati nel campo dei servizi offerti per l'HIV e dell'assistenza sanitaria di base, le organizzazioni confessionali non ricevono una parte equa delle risorse destinate al sostegno delle iniziative sanitarie globali, nazionali e locali.
5. La mera ricerca quantitativa dei flussi degli aiuti e il moltiplicarsi delle iniziative sanitarie globali da sole possono non bastare ad assicurare la "Salute per Tutti". L'accesso all'assistenza sanitaria primaria e ai medicinali salvavita a prezzi accettabili è fondamentale per migliorare la salute globale e promuovere una risposta globalizzata comune ai bisogni fondamentali di tutti. In un mondo sempre più interdipendente, anche le malattie e i virus non hanno confini, e quindi una maggiore cooperazione globale diventa non solo una necessità pratica ma, cosa ancora più importante, un imperativo etico di solidarietà. Tuttavia, dobbiamo essere guidati dalla migliore tradizione di assistenza sanitaria che rispetta e promuove il diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale per tutti, a prescindere dalla razza, dalla disabilità, dalla nazionalità, dalla religione, dal sesso e dallo status socio-economico. Se non si pone la promozione della vita al centro delle decisioni relative all'assistenza sanitaria, allora si avrà una società in cui il diritto assoluto dell'individuo all'assistenza sanitaria di base e alla vita viene limitato dalla capacità di pagare, dalla qualità di vita percepita e da altre decisioni soggettive che sacrificano la vita e la salute per vantaggi sociali, economici e politici a breve termine.
6. In conclusione, Signora Presidente, la Delegazione della Santa Sede desidera richiamare l'attenzione sulla necessità di soluzioni che vadano oltre l'aspetto finanziario, alle sfide poste dalla crisi economica agli sforzi globali volti ad assicurare l'accesso di tutti all'assistenza sanitaria. Nella sua nuova Enciclica Papa Benedetto XVI afferma: "L'attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. Questa va finalizzata al perseguimento del bene comune, di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica" [2]. Occorre un approccio etico allo sviluppo, che implichi un nuovo modello di sviluppo globale incentrato sulla persona umana piuttosto che sul profitto, e che tenga conto dei bisogni e delle aspirazioni dell'intera famiglia umana.
La Santa Sede chiede "sforzi globali" contro l'iniquità sociale e a favore dell'accesso per tutti alle cure mediche
GIACOMO GALEAZZI
Di fronte alle "sfide poste dalla crisi finanziaria" sono necessari "non solo soluzioni finanziarie" ma "sforzi globali" per assicurare "un accesso universale alle cure mediche" a malattie che non conoscono più "confini". E' quanto chiede la delegazione della Santa Sede alle Nazioni unite di Ginevra in un discorso pronunciato da mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente del vaticano presso l'Ufficio della Nazioni Unite in Svizzera.
"L'accesso alle cure mediche primarie - ha osservato mons. Tomasi - è vitale per migliorare la salute globale e per attuare una risposta globalizzata ai bisogni primari di tutti". Secondo il presule, che nel suo discorso cita anche l'allarme sulla pandemia della febbre suina, "in un mondo sempre più interdipendente persino le malattie e i virus non hanno barriere e perciò una cooperazione più globale diventa - ha ammonito - non solo una pratica necessaria, ma più importante, un imperativo etico di solidarietà".
In questo obiettivo, ha aggiunto Tomasi, "dobbiamo essere guidati dalla migliore tradizione medica che rispetta e promuove il diritto alla vita dal concepimento fino alla fine naturale senza distinzione di razza, disabilità, nazionalità, religione, sesso e condizione socio-economica". Infine, mons. Tomasi richiama all'attenzione anche sulle "ineguaglianze" nel ricevere le cure mediche, in particolare nei confronti delle donne che "tragicamente continuano in alcune regioni a ricevere cure di minore qualità ".
Di fronte alle "sfide poste dalla crisi finanziaria" sono necessari "non solo soluzioni finanziarie" ma "sforzi globali" per assicurare "un accesso universale alle cure mediche" a malattie che non conoscono più "confini". E' quanto chiede la delegazione della Santa Sede alle Nazioni unite di Ginevra in un discorso pronunciato da mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente del vaticano presso l'Ufficio della Nazioni Unite in Svizzera.
"L'accesso alle cure mediche primarie - ha osservato mons. Tomasi - è vitale per migliorare la salute globale e per attuare una risposta globalizzata ai bisogni primari di tutti". Secondo il presule, che nel suo discorso cita anche l'allarme sulla pandemia della febbre suina, "in un mondo sempre più interdipendente persino le malattie e i virus non hanno barriere e perciò una cooperazione più globale diventa - ha ammonito - non solo una pratica necessaria, ma più importante, un imperativo etico di solidarietà".
In questo obiettivo, ha aggiunto Tomasi, "dobbiamo essere guidati dalla migliore tradizione medica che rispetta e promuove il diritto alla vita dal concepimento fino alla fine naturale senza distinzione di razza, disabilità, nazionalità, religione, sesso e condizione socio-economica". Infine, mons. Tomasi richiama all'attenzione anche sulle "ineguaglianze" nel ricevere le cure mediche, in particolare nei confronti delle donne che "tragicamente continuano in alcune regioni a ricevere cure di minore qualità ".
UNITED NATIONS CONFERENCE ON TRADE AND DEVELOPMENT (UNCTAD
UNITED NATIONS CONFERENCE ON TRADE AND DEVELOPMENT (UNCTAD)
Trade and Development Board
Fifty-sixth session
18 September 2009
Mr. Chairman,
1. The more than one-year-old global economic and financial crisis continues to severely affect both advanced and developing countries. Its impact on employment levels has been especially painful and is expected to worsen during the coming months. While weak signs of a recovery can be spotted in advanced economies, several developing countries still find themselves in the midst of strong recession. Due to the limited size of their financial and credit systems, poor countries did not initially suffer the direct impact of the financial crisis that principally hit the more advanced economies. However, the developing countries now are suffering indirectly from the global economic consequences caused by the financial crisis.
2. Developing countries are indeed more heavily dependent on the external sector than are industrialised countries, where the internal market forces generally play the major role in determining total demand. It is the composition of their exports that makes developing countries particularly vulnerable to the current global crisis. In fact, the exports of poor countries are heavily specialised either in commodities or in low-skill manufacturing goods. The contraction of global demand thereby has exerted a strong impact on the economies of such countries and has placed them in an extremely difficult situation.
3. Moreover, developing countries are severely constrained in attempts to develop a policy response to the crisis. Advanced countries generally have responded to the crisis with a strong intervention by the State, either through automatic stabilizers or through exceptional spending, mostly financed with public debt. In developing countries, this type of policy action is challenged, on the one hand, by the low impact of government spending on the overall economy, and, on the other hand, by the difficulty in gaining access to international financial markets.
4. External aid has a crucial importance during the current critical phase. For a number of developing countries, aid is the only source of foreign financing. Advanced economies, therefore, should be aware that reduction of official aid can exacerbate poverty in developing countries. Unfortunately, past experiences show that aid flows from donor countries tend to suffer a significant contraction during crisis periods. UNCTAD and multilateral institutions should make every effort to ensure that donors fulfil their promises by maintaining the levels of aid to which they previously committed themselves, even during this phase of adverse economic conditions.
5. The limited amount of resources presently available could constitute an incentive for both donors and recipients to enhance the efficiency of internal and external income distribution policies that often are criticised for their ineffectiveness. As his Holiness Pope Benedict XVI says in the encyclical Caritas in Veritate: “A more devolved and organic system of social solidarity, less bureaucratic but no less coordinated, would make it possible to harness much dormant energy, for the benefit of solidarity between peoples.” (60)
6. Mr Chairman, UNCTAD’s Least Developed Countries (LDC) Report calls for a “rethinking of the development paradigm”. One of the key policy action suggested is to re-think the role of the State in promoting development in LDCs. While it is not possible to neglect the crucial role played by the State in economic development, we should be aware of the fact that institutions alone, even if they are well designed, cannot ensure the achievement of the desired goals. In the words of Pope Benedict XVI: “In reality, institutions by themselves are not enough, because integral human development is primarily a vocation, and therefore it involves a free assumption of responsibility in solidarity on the part of everyone.” (Caritas in Veritate, 11)
7. Focusing on the vocational nature of economic development, we should keep in mind that it presupposes the exercise of responsible freedom by both individuals and groups of peoples. Policies and institutions, therefore, should be designed to ensure human freedom, but such freedom also should be exercised within the limits of individual responsibility in the context of the human family. This premise has several direct and practical consequences. For example, while agriculture represents a critical issue that is slowing down the Doha Development Round negotiations, the experience of the poorest countries has demonstrated that, during the current economic crisis, food shortages and hunger continue to claim a significant number of victims each year.
8. Freedom and solidarity, then, should guide advanced economies to take decisive steps toward the elimination of trade barriers on agricultural products. Nevertheless, since the majority of poor countries have already duty free access to European and American agricultural markets through the Everything But Arms initiative and the African Growth and Opportunity Act, agricultural liberalisation is not the most decisive economic policy that can be implemented. During recent years, UNCTAD repeatedly has stressed that the major problem confronting poor countries is the poor productivity of their agricultural sectors, which, in fact, has developed into a chronic deficiency in LDCs. As stressed by the latest Least Developed Countries Report: “Without a significant agricultural surplus, food security will remain precarious and diversification of the national economy into manufacturing and other sectors will be undermined by rising food prices and wage costs.”
9. In this context, national governments should give priority to the increase of agricultural productivity within their development policies, while advanced economies should take up the responsibility of providing knowledge and technology to implement them. As stated in Caritas in Veritate: “This can be done by investing in rural infrastructures, irrigation systems, transport, organization of markets, and in the development and dissemination of agricultural technology that can make the best use of the human, natural and socio-economic resources that are more readily available at the local level, while guaranteeing their sustainability over the long term as well. All this needs to be accomplished with the involvement of local communities in choices and decisions that affect the use of agricultural land.” (27)
10. In conclusion, Mr. Chairman, freedom, solidarity and responsibility are the pillars by which, we believe, it would be possible to build a new paradigm of economic development, one that is centred on the unconditional value of the human person. In the context of the unprecedented challenges posed by the current economic crisis, we support the UNCTAD proposal of re-thinking the development paradigm and believe that it would be important not only to re-define the role played by the State in the economic domain, but also to give a human component to development policies irrespective of the financial and other constraints affecting least developing countries.
Trade and Development Board
Fifty-sixth session
18 September 2009
Mr. Chairman,
1. The more than one-year-old global economic and financial crisis continues to severely affect both advanced and developing countries. Its impact on employment levels has been especially painful and is expected to worsen during the coming months. While weak signs of a recovery can be spotted in advanced economies, several developing countries still find themselves in the midst of strong recession. Due to the limited size of their financial and credit systems, poor countries did not initially suffer the direct impact of the financial crisis that principally hit the more advanced economies. However, the developing countries now are suffering indirectly from the global economic consequences caused by the financial crisis.
2. Developing countries are indeed more heavily dependent on the external sector than are industrialised countries, where the internal market forces generally play the major role in determining total demand. It is the composition of their exports that makes developing countries particularly vulnerable to the current global crisis. In fact, the exports of poor countries are heavily specialised either in commodities or in low-skill manufacturing goods. The contraction of global demand thereby has exerted a strong impact on the economies of such countries and has placed them in an extremely difficult situation.
3. Moreover, developing countries are severely constrained in attempts to develop a policy response to the crisis. Advanced countries generally have responded to the crisis with a strong intervention by the State, either through automatic stabilizers or through exceptional spending, mostly financed with public debt. In developing countries, this type of policy action is challenged, on the one hand, by the low impact of government spending on the overall economy, and, on the other hand, by the difficulty in gaining access to international financial markets.
4. External aid has a crucial importance during the current critical phase. For a number of developing countries, aid is the only source of foreign financing. Advanced economies, therefore, should be aware that reduction of official aid can exacerbate poverty in developing countries. Unfortunately, past experiences show that aid flows from donor countries tend to suffer a significant contraction during crisis periods. UNCTAD and multilateral institutions should make every effort to ensure that donors fulfil their promises by maintaining the levels of aid to which they previously committed themselves, even during this phase of adverse economic conditions.
5. The limited amount of resources presently available could constitute an incentive for both donors and recipients to enhance the efficiency of internal and external income distribution policies that often are criticised for their ineffectiveness. As his Holiness Pope Benedict XVI says in the encyclical Caritas in Veritate: “A more devolved and organic system of social solidarity, less bureaucratic but no less coordinated, would make it possible to harness much dormant energy, for the benefit of solidarity between peoples.” (60)
6. Mr Chairman, UNCTAD’s Least Developed Countries (LDC) Report calls for a “rethinking of the development paradigm”. One of the key policy action suggested is to re-think the role of the State in promoting development in LDCs. While it is not possible to neglect the crucial role played by the State in economic development, we should be aware of the fact that institutions alone, even if they are well designed, cannot ensure the achievement of the desired goals. In the words of Pope Benedict XVI: “In reality, institutions by themselves are not enough, because integral human development is primarily a vocation, and therefore it involves a free assumption of responsibility in solidarity on the part of everyone.” (Caritas in Veritate, 11)
7. Focusing on the vocational nature of economic development, we should keep in mind that it presupposes the exercise of responsible freedom by both individuals and groups of peoples. Policies and institutions, therefore, should be designed to ensure human freedom, but such freedom also should be exercised within the limits of individual responsibility in the context of the human family. This premise has several direct and practical consequences. For example, while agriculture represents a critical issue that is slowing down the Doha Development Round negotiations, the experience of the poorest countries has demonstrated that, during the current economic crisis, food shortages and hunger continue to claim a significant number of victims each year.
8. Freedom and solidarity, then, should guide advanced economies to take decisive steps toward the elimination of trade barriers on agricultural products. Nevertheless, since the majority of poor countries have already duty free access to European and American agricultural markets through the Everything But Arms initiative and the African Growth and Opportunity Act, agricultural liberalisation is not the most decisive economic policy that can be implemented. During recent years, UNCTAD repeatedly has stressed that the major problem confronting poor countries is the poor productivity of their agricultural sectors, which, in fact, has developed into a chronic deficiency in LDCs. As stressed by the latest Least Developed Countries Report: “Without a significant agricultural surplus, food security will remain precarious and diversification of the national economy into manufacturing and other sectors will be undermined by rising food prices and wage costs.”
9. In this context, national governments should give priority to the increase of agricultural productivity within their development policies, while advanced economies should take up the responsibility of providing knowledge and technology to implement them. As stated in Caritas in Veritate: “This can be done by investing in rural infrastructures, irrigation systems, transport, organization of markets, and in the development and dissemination of agricultural technology that can make the best use of the human, natural and socio-economic resources that are more readily available at the local level, while guaranteeing their sustainability over the long term as well. All this needs to be accomplished with the involvement of local communities in choices and decisions that affect the use of agricultural land.” (27)
10. In conclusion, Mr. Chairman, freedom, solidarity and responsibility are the pillars by which, we believe, it would be possible to build a new paradigm of economic development, one that is centred on the unconditional value of the human person. In the context of the unprecedented challenges posed by the current economic crisis, we support the UNCTAD proposal of re-thinking the development paradigm and believe that it would be important not only to re-define the role played by the State in the economic domain, but also to give a human component to development policies irrespective of the financial and other constraints affecting least developing countries.
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